Non è semplice spiegare quello che provo quando pratico il mio sport preferito, la pesca. Per me, il piacere della pesca è racchiuso in tutta la preparazione che c’è dietro: nella scelta del materiale giusto, nello studio del tempo e delle maree, e nel perfezionamento della tecnica. Pescare è un insieme di preparazione e pazienza, infinita pazienza. Ancora meno semplice è spiegare cosa si prova a tirare fuori dall’acqua un pesce pregiato, dopo ore e ore di attesa. La mia pescata preferita l’ho fatta in un tiepido pomeriggio di aprile, su una spiaggia del basso Lazio. Alle 16 ero già sul posto, e, dato il periodo, non c’era quel freddo pungente che ho provato tante volte durante le mie pescate.
Quel freddo che un po’ ti fa pentire di essere uscito di casa, ma solo fino alla prima preda! Quel giorno, invece, stare in spiaggia era piuttosto piacevole: il sole era ancora alto, ed ero pronto a godermi un lungo tramonto in compagnia della mia attrezzatura. Il mare era in fase di scaduta avanzata di scirocco e il picco di bassa marea era previsto per le 23 circa. Ho preparato la mia montatura, scrupolosamente come al solito. Mulinello xsb 10000, trave long arm, piombo da 125 grammi, amo Bad Bass serie 327, numero 5, diametro del filo terminale 0.22 fluorocarbon. Come esca, doppio innesco; prima arenicola e alla fine cannolicchio, e come canna, la mia nuova Century Tip Tornado Lite, per la prima volta a pesca.
Durante il pomeriggio ho pescato solo qualche sarago, poi, intorno alle 23, proprio come mi aspettavo, è arrivata la preda grossa. Mi ero allontanato di qualche metro per chiacchierare con degli altri pescatori: ce n’è uno che pesca da più di cinquant’anni ed è una fonte inesauribile di conoscenza. Dalla sua postazione ho visto la mia canna iniziare a sbattere forte, ho corso più veloce che potevo e l’ho afferrata. Ho regolato la frizione ed è iniziato il combattimento. Ho ferrato e ho sentito il pesce tirare forte.
Ho capito da subito che non si trattava di un altro sarago o di un pesce di piccole dimensioni. Ricordo perfettamente l’entusiasmo crescente, mentre mi rendevo conto di quanto fosse grande la preda, e, al tempo stesso, la paura di spezzare il terminale e di perdere il pesce. Fortunatamente, in quei momenti così concitati c’è poco tempo per la paura! Non sapevo ancora cosa fosse, ma sentivo che tirava! Tirava forte! Sbatteva, cercando di divincolarsi. Ma ogni centimetro che faceva verso di me, era un passo in più verso la mia vittoria!
Fino allo scalino, il momento più delicato. Sapevo di essere vicinissimo al traguardo: mi mancava solo un ultimo sforzo, dovevo solo dosare tutta la mia forza e sarebbe stato mio! Ho trattenuto il fiato qualche secondo e poi l’ho visto, uscire appena dall’acqua. Era un’orata, proprio come speravo! Ed era anche bella grossa! Quando l’ho presa, sentivo i muscoli indolenziti dal combattimento: non avevo mai pescato un’orata così grande! Ho iniziato a saltare dalla gioia! La guardavo e quasi stentavo a credere ai mie occhi! Doveva essere di almeno due chili e mezzo! In realtà, non lo sapevo ancora, ma quella sera sarei tornato a casa con un’orata di tre chili in più nella borsa: la mia prima grande orata!
Giuseppe Violo
Questo racconto ci è stato inviato come partecipazione al concorso “Il tuo miglior pesce!” realizzato da SurfcastingBlog con la partecipazione di TotalFishing e di tutti i suoi lettori e amici della nostra pagina Facebook. Per saperne di più, visita l’annuncio ufficiale del concorso.
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