Negli ultimi 4 mesi le mie battute di surfcasting mi hanno regalato diverse soddisfazioni, forse perché con l’apertura di SurfcastingBlog, sono stato più attento ai particolari e ciò ha fatto la differenza. Scrivendo gli articoli, sono riuscito a consapevolizzare sempre meglio ciò che ho appreso negli ultimi anni, grazie a diverse fonti: esperienza acquisita sul campo, nozioni lette su riviste e siti, qualche consiglio strappato qua e là da qualche pescatore che ne sa più di me. Proprio per questo i miei risultati sul campo di battaglia sono nettamente migliorati, nonostante la strada da percorre sia ancora molto lunga. Sta di fatto che oramai i cappotti totali non mi capitano più, ma nell’ultima uscita di sabato ho imparato che il mare è sempre pronto a punire i tuoi errori.
Siamo partiti da Roma intorno alle 12,00 per giungere con tutta calma sulla spiaggia delle Murelle intorno alle 13,30. La voglia di iniziare a pescare era tanta ma è stata complice dell’incredibile disfatta. Dovevamo raggiungere un hot spot specifico di quella spiaggia, che in questo periodo, regala buone soddisfazioni ma la strada da percorre era tanta. La cosa disarmante è che il mare ha mangiato parecchio l’arenile qui, tant’è che un tratto del tragitto lo abbiamo percorso con l’acqua del mare fino alle ginocchia. Camminare per 300 metri, carichi di attrezzatura, ti fa perdere di lucidità e non ci siamo resi conto che la distanza percorsa era ancora poca mentre la foga di pescare era tanta, qui è stato fatto il più grande errore: decidere di fermarsi.
Il mare era molto strano e anche se il vento era leggero, le onde si frangevano con una buona forza nei primi 50 metri. Da una prima impressione sembrava che il movimento dell’acqua potesse regalarci una buona battuta di pesca, ma il mistero da lì a poco si sarebbe svelato. Appena lancio il piombo, mi rendo conto che il fondale è decisamente basso e che a 100 metri da riva non ci sarebbero stati più di un metro d’acqua. Non conoscendo bene il fondale qui, pensavamo che sarebbe stato comunque buono, anche se il suggerimento era di uno spot 200 metri più avanti. Dopo una mezzora di pesca, una piccola leccia stella si fa ingannare dal mio koreano con schiuma pop-up della Bad Bass.
Le onde continuavano sempre con più frequenza e la corrente laterale era decisamente sostenuta specialmente nei pressi dell’ultimo gradino di risacca.
Contavamo la bellezza di 6 canne in 50 di metri di spiaggia, con inneschi di bibi, americano, arenicola e koreano ma di tocche non se ne vedeva l’ombra. La marea si era decisamente abbassata, raggiungendo il picco intorno alle 18 e un po’ di sporcizia si aggirava tra le onde. Data l’assenza di tocche, con il mio compagno di avventura Cristian, ci facciamo due passi sulla spiaggia per cercare di capire meglio il mare e ci rendiamo conto che a 100 metri dalla nostra postazione c’era una situazione decisamente diversa. Il mare era più calmo e l’acqua era più alta. Decidiamo a questo punto di spostare tutto e di tentare lì, onde evitare un cappotto già assicurato. Il trasferimento di tutta l’attrezzatura è stato un impresa assai faticosa, visto gli innumerevoli viaggi fatti, avanti e indietro, lungo l’arenile.
Il tramonto si accingeva ad arrivare e la convinzione di tirare fuori qualche pesce si infondeva nei miei pensieri, ma la delusione era alle porte. Nulla scuoté minimamente i cimini delle nostre canne nonostante il giorno avesse lasciato la notte già da un bel po’. Sconsolati, decidiamo di riporre l’attrezzatura e di incamminarci, con le poche forze rimaste, verso la macchina. Un bel cappotto si era consumato tra errori vari.
Un nostro mentore del surfcasting invece, che pescava a un km dalla nostra postazione, ci fa sapere il giorno dopo che la notte era stata molto prolifica e in due avevano fatto un bel carniere di pesce: due ombrine di cui una da 8 etti, due spigole che insieme pesavano un paio di chili, e tanti sugherelli intorno al mezzo chilo.
A sentire i loro risultati una sensazione tra rabbia e invidia si è impadronita di me! Abbiamo buttato un battuta di pesca a causa della nostra pigrizia mescolata alla foga di mettere le canne in acqua, ma forse è anche questo che differenzia un gran surfcaster da chi ancora ho molto da imparare.